Nelle previgente normativa (D.Lgs.n.163/2006), all’art.118, comma 1, veniva sancito il divieto di cessione del contratto d’appalto, a pena di nullità, fatta salva la disciplina di cui all’art. 116 in materia di cessione d’azienda ed atti di trasformazione, fusione e scissione relativi ad esecutori di contratti pubblici.
Tra le ipotesi contemplate in tale ultima disposizione non figurava espressamente la cessione di “ramo di azienda” ovvero l’affitto della stessa, così come invece era previsto dall’art. 51 del medesimo d.lgs. n. 163/2006 e s.m. per la fase anteriore alla stipulazione del contratto.
Sul punto l’Autorità di Vigilanza Contratti Pubblici (oggi A.N.A.C.) riteneva che, in base alla ratio sottesa ad entrambi gli istituti e per esigenza di sistematicità del quadro normativo di riferimento, l’art. 116 trovava applicazione anche in relazione a dette fattispecie negoziali, pur in assenza di un’indicazione specifica nell’art. 116 d.lgs. n. 163/2006 e s.m.; tale cessione di ramo d’azienda, comunque, comportava che la stazione appaltante fosse onerata ad acquisire l’atto di cessione di ramo d’azienda e tutti gli atti che hanno portato alla variazione dell’assetto aziendale dell’esecutore del contratto, in quanto trattasi di documentazione necessaria per accertare se si sia in presenza di un’effettiva cessione del complesso aziendale; cio’ al fine di non consentire, da parte delle stazioni appaltanti, l’elusione del divieto di cessione del contratto ex art. 118, co. 1 del d.lgs. n. 163/2006 e s.m., per il tramite di accurate verifiche circa il ricorrere delle condizioni previste per la cessione del ramo d’azienda (Cfr. Parere di Precontenzioso n. *** del 06 ottobre 2011).
Con l’entrata in vigore del nuovo Codice (D.Lgs.n.50/2016), il legislatore ha espressamente previsto, all’art. 106, alcune ipotesi di variante soggettiva, in particolare nel caso in cui all’aggiudicatario iniziale subentri, anche a seguito di ristrutturazioni societarie, comprese rilevazioni, fusioni, scissioni, acquisizione o insolvenza, un altro operatore economico che soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente, purché ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato a eludere l’applicazione del codice (art. 106, co. 1 lett. d) punto 2).
Alla luce dei principi elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza in vigenza del precedente codice, appare ammissibile, anche oggi, il subentro di altro soggetto nella posizione di esecutore del contratto di appalto in caso di cessione di azienda – e lo stesso può ritenersi per l’ipotesi di cessione o affitto di ramo d’azienda -, sempre che la cessione (o il fitto) sia comunicata alla stazione appaltante ed essa non sia finalizzata a eludere l’applicazione del codice.
Tale cessione o affitto di ramo d’azienda mette l’affittuario/cessionario, per ciò stesso, in condizione di potersi giovare dei requisiti e delle referenze in relazione al compendio aziendale (così Consiglio di Stato, Sezione Quinta, 3 agosto 2015, n.****), poiché l’atto di cessione di azienda abilita la società subentrante, previa verifica dei contenuti effettivamente traslativi del contratto di cessione, ad utilizzare i requisiti maturati dalla cedente (Consiglio di Stato, Sezione Sesta, 6 maggio 2014, n.****) e poiché sono certamente riconducibili al patrimonio di una società o di un imprenditore cessionari prima della partecipazione alla gara di un ramo d’azienda i requisiti posseduti dal soggetto cedente, giacché essi devono considerarsi compresi nella cessione in quanto strettamente connessi all’attività propria del ramo ceduto” (così Consiglio di Stato, Sezione Quinta, 10 settembre 2010, n.****).
L’idoneità astratta dell’affitto di ramo d’azienda al trasferimento dei requisiti posseduti dall’affittante/cedente in favore dell’affittuario/cessionario, poi, trova in ogni modo altresì espressa conferma nel disposto dell’art. 76, comma 9, D.P.R. 207/2010, secondo il quale “in caso di fusione o di altra operazione che comporti il trasferimento di azienda o di un suo ramo, il nuovo soggetto può avvalersi per la qualificazione dei requisiti posseduti dalle imprese che ad esso hanno dato origine. Nel caso di affitto di azienda l’affittuario può avvalersi dei requisiti posseduti dall’impresa locatrice se il contratto di affitto abbia durata non inferiore a tre anni”.
Tali principi di diritto sono stati di recente ribaditi, seppur per una fattispecie regolata dalla previgente normativa, dal Consiglio di Stato con sentenza della Sezione Terza, 17 marzo 2017 n.****.
Gli scriventi, tuttavia, ritengono che tale orientamento giurisprudenziale possa trovare applicazione anche nell’ambito dell’attuale dettato normativo di cui al D.Lgs.n.50/2016.

avv. Domenico Vitale
avv. Gabriele Vitale

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