Il Consiglio di Stato, con recente sentenza della Terza Sezione n.**** del 10 gennaio 2018, si è pronunciato sull’innovativo meccanismo di commissariamento dell’impresa introdotto dall’ art. 32 del cd. “D.L. Anticorruzione”, il cui scopo è quello di garantire la completa esecuzione degli appalti e neutralizzare il rischio derivante dall’infiltrazione criminale nelle imprese.
La suddetta gestione commissariale, espressamente qualificata come attività di pubblica utilità (poiché risponde, primariamente, all’interesse generale di assicurare la realizzazione dell’opera), ha lo scopo, attraverso l’intervento del Prefetto, non soltanto di garantire l’interesse pubblico alla completa esecuzione dell’appalto ma anche di sterilizzare la gestione del contratto “oggetto del procedimento penale” dal pericolo di acquisizione delle utilità, illecitamente captate, in danno della pubblica amministrazione e, sotto tale profilo, rappresenta uno strumento di autotutela contrattuale previsto direttamente dalla legge.
La suddetta speciale forma di commissariamento è una misura ad contractum, secondo l’espressione riportata anche nelle linee guida dell’Anac, poiché riguarda soltanto il contratto (e la sua attuazione) e non la governance dell’impresa ed in ciò si distingue dalle misure di prevenzione patrimoniali disposte ai sensi del D.Lgs. n. 159/2011 (c.d. codice antimafia).
La ratio dell’ istituto è quella di consentire il completamento dell’opera nell’esclusivo interesse dell’amministrazione concedente mediante la gestione del contratto in regime di “legalità controllata”.
A tal fine, il settimo comma dell’art. 32 cit., impone l’accantonamento degli utili che dal contratto commissariato derivano; tale accantonamento è diretto a scongiurare il paradossale effetto di far percepire, proprio attraverso il commissariamento, il profitto dell’attività criminosa; in coerenza sia con la disposizione generale che consente nel processo penale di disporre la confisca del profitto del reato (art. 240 c.p.), sia avuto riguardo, nella fattispecie, alla speciale disposizione di cui all’art. 322 ter c.p..
I suddetti utili devono essere accantonati nella loro totalità, ciò in quanto la legge pone una regola cautelare in sé autosufficiente e volta a garantire, in corso di commissariamento, che tutti i ricavi maturati che derivano dal contratto amministrato siano impiegati esclusivamente a copertura dei costi.
Quest’ultima è una regola cautelare che si affianca alla gestione controllata del contratto e completa il sistema di tutela dell’interesse pubblico, aggiungendo all’interesse alla prosecuzione del contratto commissariato anche la salvaguardia del recupero “patrimoniale” che può conseguire dalla definizione dei procedimenti penali.
La norma in esame, art. 32 del cd. “D.L. Anticorruzione”, ha una vera e propria portata innovativa giacché, prima della sua entrata in vigore, l’unica alternativa praticabile in presenza di fenomeni corruttivi era quella del recesso dall’esecuzione del contratto.

dott.ssa Anna Rita De Crescenzo

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